Al Festival di Terra Insubre la figlia del „martellatore della Val Passiria“ ricorda la figura del padre raccontata attraverso il suo libro:“Vogliamo che a decidere siano i popoli d’Europa“
„La libertà della propria terra, l’autodeterminazione del popolo, la fine dell’oppressione di uno Stato straniero che mirava a scardinare millenarie tradizioni, arrivando perfino a vietare l’utilizzo della propria lingua, quella tedesca“.
Eva Klotz, la „pasionaria“ tirolse, riassume in queste poche parole tutto lo spirito che mosse suo padre, Georg Klotz, a sacrificare la propria famiglia e i suoi affetti in quella battaglia che contrassegnò il Sud-Tirol tra gli anni ’60 e ’70, arrivando ad intraprendere una „guerra di liberazione“ dallo Stato Italiano attraverso la scelta della „lotta armata“, ma „senza l’obiettivo di colpire vite umane“.
Dell’argomento si è parlato domenica mattina nella conferenza di apertura della seconda giornata del Festival dell’Insubria, incentrata sulla presentazione del libro „Georg Klotz, una vita per l’unità del Tirolo“, alla presenza della figlia Eva Klotz, autrice del testo, del professor Nerio De Carlo, traduttore del volume dal tedesco all’italiano, di Andrea Mascetti, esponente di Terra Insubre e di Andrea Mentasti, il direttore di InInsubria nella veste di moderatore.
Un appuntamento molto partecipato, segno che gli echi della gesta del „martellatore della Val Passiria“ sono lontani dallo smorzarsi e interessano ancora.
Nonostante l’argomento sia stato a lungo sottaciuto e a più di qualcuno dia ancora fastidio.
Polemiche a parte, come emerge dal libro e dal racconto di sua figlia, Georg Klotz, fabbro di paese e uomo di montagna, aveva un sogno, un ideale: lavorare con tutte le sue forze per l’unificazione del Tirolo e quindi la riannessione della sua terra all’Austria, assegnata all’Italia al termine del Primo conflitto Mondiale.
Il testo tratta di argomenti „pesanti“, nei fatti, non nella lettura: la scelta del tritolo per far crollar tralicci portando l’attenzione della comunità internazionale sulla questione Sud-Tirolo;la repressione della Polizia italiana; gli scontri a fuoco – „sparando un metro sopra la testa dei militari italiani per evitare morti“, ha sottolineato Eva Klotz -; i processi; la latitanza; i tradimenti; le fughe verso il Nord-Tirolo; l’esilio; la galera e una morte arrivata per „consunzione“ di un fisico possente, come era quello di Georg Klotz, sfinito per le „vessazioni e le preoccupazioni“, sopratutto per sua moglie e i suoi sei figli, che dovette sopportare nella sua vita.
Un libro che si legge di un fiato e che merita di essere letto, nonostante sia ovviamente di parte, anche per solo interesse storico.
„Una vita da combattente per la libertà“, l’ha definita sua figlia Eva, arrivata a Varese in costume tirolese, il Dirndl, in compagnia della sorella Barbara Klotz.
Da lei è arrivata una „panoramica“ del libro, ripercorrendo la vicenda del padre dalla riorganizzazione degli Schutzen fino alla suaa morte.
E alla sua eredità spirituale:“Oggi portiamo avanti le sue idee in pieno spirito democrativo – spiega la signora Eva -. La battaglia di mio padre è servita a fare ratificare all’Italia, nel 1977, il Diritto all’autodeterminazione dei popoli. Oggi l’Europa sta cambiando: le spinte dei popoli vanno contro il centralismo degli Stati nazionali e cresce la volontà di cambiare in favore della autonomie popolari. Oggi ci battiamo sul fronte dei referendum per avviare una discussione, a livello istituzionale che attraverso la democrazia diretta faccia decidere il popolo. La nostra richiesta di autodeterminazione guarda anche alla Catalogna e al altri popoli europei. Credo che il centralismo non potrà continuare a negare i diritti di autonomia ancora per molto tempo. Serve una vittoria, un precedente, poi tutto potrà cambiare“.